Rosanna Marziale ha dovuto subito rimboccarsi le maniche. E i risultati non hanno tardato a venire.

Il mio attaccamento al ristorante è stato morboso da subito. Sono nata nell’insegna di famiglia e che allora si chiamava La Bomboniera  voluta da mio padre Gaetano. E’ stato il ristorante di riferimento di tutta la provincia, sia per il quotidiano, sia per le feste importanti. Quando mio padre ? morto, avevo 16 anni, troppo giovane per preoccuparmi della gestione di un ristorante cos? grande ma è stata la cosa che ho promesso a mio padre nel giorno del funerale: “Papà, ti facciamo vedere noi cosa riusciremo a fare”.

Devo dire che in questi anni, dimenticandomi quella sorta di giuramento e appassionandomi sempre più a tutto ciò che ruota intorno al mondo della ristorazione, inconsciamente prima e liberamente ora, sento che sto tenendo fede alla mia promessa. A distanza di tempo, quasi fosse un riscatto, me ne ricordo e lo racconto. Anni pieni dedicati all’attività e all’intenzione di voler a tutti i costi fare del mio meglio per suscitare nei commensali benessere e felicità.

Ripensando a quegli anni, mi rivedo come una ragazzina che discute di feste importanti e di pranzi con tanti adulti. Chiudevo tanti contratti. I clienti si fidavano del buon nome che mio padre aveva costruito nel tempo ma anche di me (avevo 17 anni) e questo mi ha dato la forza per non deludere me stessa e loro. Il mio essere donna ? stato sostituito dal fatto di essere molto giovane, tanto giovane per dare degli ordini, tanto giovane per prendere decisioni importanti, tanto giovane per tutto. Il mio essere donna ? passato in secondo piano. Quasi me ne sono dimenticata io e (forse) tutti le persone con cui lavoro. E’ venuto fuori il temperamento, l’identit?, la passione, la voglia di raggiungere degli obiettivi.

Sono partita facendo dei corsi manageriali sulla gestione. A questi sono seguiti i corsi di barman, di sommelier, di maitre e ho partecipato a tante competizioni che stimolavano la mia curiosità e stage formativi. Il mio rapporto con il cibo ? stato sempre particolare, sia per genetica, sia per lavoro. Mi ha portato a sperimentare diversi approcci. Sono stata vegetariana convinta per più di 10 anni, ho praticato il digiuno più volte, e ho eliminato per periodi più o meno lunghi alcuni dei principali ingredienti della dieta mediterranea e non solo. Con questo sono riuscita a capire tante cose sugli alimenti ma soprattutto sulla psiche alimentare e quindi oggi riesco ad avere una sensibilità molto alta.

Abbiamo un retaggio culturale-lavorativo legato alla figura maschile e negli anni ne abbiamo voluto imitare i modi. Secondo me bisognerebbe iniziare a costruirne di nuovi, valorizzando le doti del nostro essere senza porci davanti allo stereotipato catalogo di considerazioni che ormai la nostra mente è abituata a fare: maschio-femmina, oppure sei medico-sei idraulico-sei ingegnere. Tutti catalogati in base all’idea che ci siamo fatti.

Insomma il lavoro è importante quanto la famiglia, ho lavorato tanto e mi auguro di essere ancora in tempo per tutto il resto. Concentrandomi sul lavoro ho pensato che non ci fosse abbastanza spazio per la famiglia, è stata una mancanza che mi auguro di poter colmare.